Impianto"Tutto Biologico"

2002, Progetto Impianto "Tutto Biologico"

Nelle condizioni di esercizio del 2001 l’impianto centralizzato di depurazione rispettava costantemente i limiti di scarico previsti dalla vigente normativa ed erano ridotte a livelli più che accettabili le emissioni maleodoranti. Per raggiungere tali risultati, occorreva però un notevole consumo energetico ed un massiccio utilizzo di reattivi chimici (soprattutto calce e ferro) con conseguente notevole produzione di fanghi ed elevati costi gestionali. D’altra parte la realizzazione delle nuove zone industriali di S.Croce s/Arno e Castelfranco di Sotto avrebbe portato un ulteriore incremento dei carichi idraulici ed organici che potevano mettere in difficoltà il buon funzionamento dell’impianto. A questo scopo si è inteso adeguare l’impianto dal punto di vista idraulico, gestionale ed ambientale. Si è quindi iniziata una fase di studio che grazie anche ai risultati ottenuti tramite l’utilizzo di un impianto pilota, ha portato alla realizzazione del progetto "Tutto biologico". In pratica la differenza sostanziale fra la vecchia conformazione dell’impianto ed il nuovo progetto è stata la realizzazione di un nuovo stadio biologico. Sono state realizzate due nuove vasche da 15000 mc che, insieme a parte delle volumetrie del vecchio comparto iniziale chimico-fisico, costituiscono il nuovo primo stadio biologico a fanghi attivi. Attualmente, nella nuova conformazione, il processo di depurazione prevede due stadi biologici in serie ed un trattamento chimico-fisico terziario. 

Dalla preossidazione le acque vengono inviate alle nuove vasche di ossidazione biologica. Le due nuove vasche, ciascuna da 15000 mc, funzionano in parallelo e sono dotate, sul fondo, di un tappeto di diffusori a microbolle. Tali diffusori sono alimentati da quattro compressori a portata variabile che garantiscono l’ottenimento del desiderato tenore di ossigeno disciolto in vasca. In dette vasche la prolungata permanenza delle acque permette la degradazione di buona parte della sostanza organica contenuta dalle stesse e la degradazione (stabilizzazione) di parte della fase organica dei solidi sospesi riducendone così la quantità e permettendo quindi un’evacuazione limitata del fango di supero dalla fase biologica.La separazione dei fanghi dalle acque per permettere la chiarificazione delle stesse e il ricircolo o evacuazione dei fanghi, viene effettuata nei sedimentatori adiacenti alle vasche di ossidazione biologica, detti sedimentatori sono attrezzati con pacchi lamellari che permettono una notevole riduzione degli spazi dedicati alla sedimentazione pur mantenendo una velocità ascensionale molto ridotta. I fanghi raccolti nella sedimentazione vengono riciclati parzialmente nelle adiacenti vasche di ossidazione e la restante parte nella vasca di preossidazione al fine di mantenere costante ed elevata la quantità di fanghi sospesi nelle medesime. Le acque chiarificate, per caduta, si portano ad una vasca di raccolta e di rilancio alla denitrificazione già esistente e quindi al trattamento biologico 2° stadio. Nel trattamento biologico 2° stadio si prosegue la degradazione della sostanza organica residua presente nelle acque e si abbatte l’azoto ammoniacale per mezzo della biomassa che viene selezionata allo scopo e che si sviluppa con facilità date le caratteristiche del processo instaurato. Nelle vasche di ossidazione biologico 2° stadio sono stati installati tappeti di diffusione a microbolle alimentati da una compressa. I vantaggi di una soluzione di questo genere, rispetto alla vecchia soluzione "meccanica" con rotori superficiali, sono molteplici: in primo luogo ci sono vantaggi "ambientali" in quanto sono drasticamente ridotte le emissioni di aereosol; in secondo luogo si ha una migliore distribuzione dell’ossigeno ed una conseguente maggiore efficienza della biomassa; in terzo luogo le manutenzioni necessarie sono più semplici e meno frequenti.Sono rimaste invariate le vasche di sedimentazione biologica; la vasca dove viene effettuato il trattamento chimicofisico terziario e la coagulazione finale. Il nuovo progetto del "tutto biologico" permetterà, grazie al miglioramento dei rendimenti depurativi, un utilizzo saltuario, ed esclusivamente in condizioni di emergenza, di un processo chimico-fisico, come quello "fenton", che prevede l’utilizzo di grossi quantitativi di prodotti chimici e una abbondante produzione di fanghi.In pratica il progetto "tutto biologico" si pone come obiettivo di mantenere gli ottimi risultati in uscita utilizzando un quantitativo inferiore di prodotti chimici e riducendo la produzione di fanghi.Lo scopo del nuovo trattamento è di ottenere il miglior risultato nella degradazione del COD nelle fasi di trattamento biologico ed una produzione di fango conseguentemente ridotta. L’utilizzo di un trattamento biologico come 1° stadio depurativo, rispetto al vecchio trattamento chimico fisico, permette essenzialmente di degradare una parte dei solidi sospesi e buona parte del COD soluto in ingresso all’impianto, con produzione di fango facilmente sedimentabile per propria qualità di flocculazione. 

Per ottenere la piena efficienza in detto trattamento biologico 1° stadio, occorre garantire la buona funzionalità dello stesso riducendo la tossicità delle acque in ingresso all’impianto a causa dei solfuri, si prevede quindi di continuare l’ossidazione dei solfuri in ingresso con ossigeno gassoso. In sintesi il nuovo processo è descritto di seguito. Dopo il sollevamento iniziale e la sezione di grigliatura fine, le acque industriali vengono inviate alla sezione di dissabiatura che è stata raddoppiata. A valle della dissabbiatura in considerazione delle diverse caratteristiche delle acque nelle diverse ore del giorno si conducono trattamenti diversificati.Le acque con forte concentrazione di solfuri che sono concentrate principalmente nel periodo iniziale della giornata (6-11 a.m.) continuano ad essere raccolte in una vasca da 10000 mc dove, con l’ausilio di ossigeno gassoso, che viene disciolto nei liquami presenti nella vasca tramite l’ausilio di un sistema di pompa ed eiettori, i solfuri vengono ossidati ai solfati. Una volta terminata l’ossidazione dei solfuri i liquami vengono sottoposti ad un ulteriore periodo di ossigenazione, necessario per garantire che anche nelle fasi successive non si sviluppino maleodoranze e, in seguito, trasferiti nella vasca di preossidazione. Le acque generali, che entrano all’impianto nelle restanti ore del giorno ed hanno caratteristiche varie con concentrazioni sufficientemente omogenee dei vari inquinanti e una minima presenza di inquinanti derivanti dalla produzione dei calcinai, vengono inviate nella vasca di preossidazione.La vasca di preossidazione è dotata, come la vasca adiacente, di attrezzature per la dissoluzione dell’ossigeno ed ha una volumetria di 10000 mc. Questa vasca può essere utilizzata sia come accumulo e rilancio di un liquame ossigenato al primo stadio biologico sia come una vera e propria vasca "a fanghi attivi" dove si  ha una iniziale biodegradazione degli inquinanti organici da parte di una biomassa che viene sviluppata e mantenuta costante grazie ai ricircoli provenienti dalle fasi successive di sedimentazione. Al fine di permettere la diversificazione dei trattamenti a seguito della fase di dissabbiatura, nei differenti orari, le acque vengono convogliate, tramite apertura e chiusura automatica di paratoie poste sulle linee idrauliche, alle due vasche. Le linee sono inoltre dotate di una continua misurazione dei flussi e una campionatura delle acque, per permettere il monitoraggio della funzionalità dei processi in atto.L’ossigeno disciolto nei liquami industriali in queste due prime vasche è quasi completamente autoprodotto. Si sono infatti installati due nuovi sistemi di produzione di ossigeno gassoso a parziale sostituzione dell’ossigeno liquido precedentemente utilizzato che hanno una potenzialità complessiva da 60 ton/giorno.