L’impianto, progettato per una capacità di trattamento delle acque di scarico conciarie di 13.000 metri cubi giornalieri, entrò in funzione a fine agosto del 1974 e continuò ad operare fino a gennaio 1975 e saltuariamente fino alla fine all’aprile 1975, con assistenza tecnica, per obbligo contrattuale, della Passavant che condusse anche esperimenti sull’impianto pilota per il trattamento biologico.
Dall’aprile del 1975 la gestione tecnica dell’impianto passò all’amministrazione comunale, ma nell’agosto dello stesso anno fu necessario fermare le operazioni a causa dell’impossibilità di smaltire i fanghi lasciati dalla depurazione delle acque. Questo impianto, che si può ritenere un primo nucleo di quello poi resosi necessario, era composto da:
A) una griglia per le acque di ingresso all’omogeneizzatore
B) una vasca di omogeneizzazione della capacità di mc 7.000
C) una vasca rettangolare di ossidazione chimica
D) due vasche di sedimentazione
E) un pozzetto di sollevamento
F) una palazzina, comprendente un ufficio, il laboratorio d’analisi, pompaggio prodotti e servizi igienici
.Nella planimetria sono riportate le parti costituenti l’impianto ed è evidenziata l’estensione dell’impianto nel 1974. Nell’anno 1975 venne costruito il primo ispessitore per i fanghi. Le acque in arrivo all’impianto erano circa 20.000 mc al giorno, dal lunedì al sabato, e comprendevano le acque conciarie e quelle bianche e civili non essendo allora la fognatura divisa.
L’impianto aveva solo la capacità di depurare 8.000 mc di queste acque ed il rimanente, comprese anche le acque dei periodi di pioggia, veniva riversato nel canale Antifosso. Quelle trattate erano scaricate nel canale Usciana. Le acque conciarie arrivavano all’impianto con un tasso di inquinamento di circa 6000 mg/lt COD (richiesta chimica di ossigeno) e ne uscivano con un tasso di 1700-1800 mg/lt COD.
La Regione Toscana, con legge del 22 maggio 1974 n. 22, intervenne con un finanziamento per far confluire all’impianto di depurazione di Santa Croce i liquami conciari delle concerie di Fucecchio e Castelfranco di Sotto, rispettivamente di 5.000 e 2.000 metri cubi al giorno, e per il trattamento dei fanghi residuati dal ciclo di depurazione.
Si deve considerare che, a quella data, l’impianto di depurazione di Santa Croce sull’Arno restava il primo impianto in Italia per i liquami degli scarichi del settore conciario. Non esisteva alcun precedente per suffragare l’attendibilità dei risultati. Gli studi, le ricerche, le analisi di laboratorio fin allora effettuate potevano solo rappresentare utili indirizzi senza peraltro fornire risultati certi.
Ciò era anche la conseguenza della presenza sul territorio di un numero elevato di concerie (circa 300) con diversi tipi di conciatura e rifinizione delle pelli, che non consentiva un trattamento depurativo uniforme e continuo delle acque di scarico.
Col finanziamento della Regione Toscana il Comune di Santa Croce approvò due progetti, rispettivamente il 6 dicembre 1974 e 28 aprile 1975, con i quali furono realizzate le seguenti opere:
a) Primo lotto, settecento milioni. Collegamento fognario all’impianto di depurazione di Santa Croce, sollevamento e vasche di accumulo delle acque conciarie di Fucecchio (escluse quelle di Ponte a Cappiano) e Castelfranco di Sotto. Prestamento del fabbricato per filtro pressa, servizi igienici sanitari, refettorio, spogliatoio e gabinetto analisi.
b) Secondo lotto, ottocento milioni. Acquisto e messa in opera di un filtro pressa, a camere da 1500 x 1500 cm con 140 piastre, per la disidratazione dei fanghi conciari e di tutte le apparecchiature elettromeccaniche idrauliche per la sua funzionalità.
Le opere furono ultimate nel giugno 1977.La spesa prevista per la gestione del depuratore per l’anno 1979 fu di 3.200.000.000 di lire, tutta a carico degli imprenditori conciari facenti parte del Consorzio Depuratore.
Al compimento di queste opere gli aspetti generali del problema del disinquinamento si presentavano ancora molti difficili e complessi.
Vi erano da risolvere problemi di carattere idraulico, di depurazione dei liquami, di trattamento dei fanghi residui e di smaltimento degli stessi.I problemi idraulici erano legati alle fognature industriali, da realizzare ancora per il 60%, e alle difficoltà di scorrimento delle acque che contenevano sostanze solide sedimentabili.
Per quanto riguarda la depurazione eravamo solo al primo stadio, considerando che ancora non si trattavano tutti i liquami in arrivo all’impianto e che il trattamento depurativo non realizzava ancora la tabella "C" della legge Merli e che si doveva raggiungere la tabella "A". I fanghi di depurazione furono stoccati, per un tratto di circa 350 metri, nel canale collettore. Con il primo ampliamento dell’impianto, a servizio anche di Fucecchio e Castelfranco di Sotto, e con l’installazione della prima filtropressa, i fanghi di risulta dalla depurazione delle acque conciarie e civili non erano ancora facilmente trasportabili e accatastabili, non avendo raggiunto il tasso di sostanza secca necessario del 40-45%. Due le possibili soluzioni per lo smaltimento: la discarica o l'incenerimento. Ancora non si conoscevano, per le caratteristiche dei fanghi contenenti cromo, soluzioni di riutilizzo. Mancavano poi ricerche per individuare una possibile discarica controllata.